
Roberto Saviano Barcellona
Barcellona accoglie ancora Roberto Saviano di Francesco Gioacchini
Barcellona, 7 febbraio 2012
Lo scrittore Roberto Saviano ha presentato ieri a Barcellona Vieni via con me, il suo ultimo libro nato dall’omonimo programma televisivo andato in onda nel novembre 2010 in Italia.
Il libro, tradotto Vente conmigo in spagnolo e Escapa’t amb mi nell’edizione catalana, è stato presentato durante un faccia a faccia tra lo scrittore italiano e Josep Maria Martí Font, giornalista catalano de “El País” e sceneggiatore di Hollywood; la cornice, un po’ stretta vista l’affluenza di persone, la sala caffè della libreria “La Central” di Calle Mallorca 237, nel cuore dell’Eixample.
Un caloroso applauso accoglie il giovane scrittore che, accomodatosi, inizia fin da subito a parlare dei tanti temi caldi che riguardano l’Italia, rispondendo alle domande dell’interlocutore catalano seduto alla sua destra.
Dopo aver brevemente fatto cenno all’attuale situazione politica italiana, e all’inizio dell’era post-berlusconiana, Saviano inizia a raccontare, cosa che meglio gli riesce, le tante storture che caratterizzano il nostro Paese, a partire dal voto di scambio nel Sud Italia, ma non solo. L’autore spiega il semplice ma efficace meccanismo con il quale i clan, per poche decine di euro, estorcono il diritto di voto imponendo quale candidato si debba appoggiare durante le elezioni. È così che uno dei più importanti strumenti di partecipazione politica di cui godiamo, il voto, viene sottratto e quantificato in quella misera somma di denaro o nel favore che riceverà il singolo cittadino, mentre il Sistema trarrà, grazie alla compra-vendita di voti, enormi benefici e sempre più potere. Saviano, senza alcun timore, e a dimostrazione di quanto in alto possa arrivare l’infiltrazione mafiosa, chiama alla memoria le vicende che hanno coinvolto Marcello Dell’Utri, fondatore di quello che è stato per anni il primo partito politico italiano, Forza Italia, e Nicola Cosentino, ex-sottosegretario all’economia dello scorso governo Berlusconi, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa il primo, e accusato di concorso esterno in associazione camorristica il secondo.
La stampa spagnola e più in generale, la stampa estera, non sembra ancora abituata ad immaginare un’Italia senza Berlusconi, e Josep Maria Martí Font non resiste alla tentazione di tornare a parlare dell’ex primo ministro italiano, chiedendo a Roberto Saviano come Berlusconi sia riuscito negli anni ad ottenere l’ampio consenso di cui ha goduto. Saviano parla di un Paese spaccato, diviso in contrade, senza un’idea nuova a cui fare appiglio, e spiega schiettamente la strategia comunicativa di Silvio Berlusconi che lo ha portato a vincere facendo presa su una consistente fetta di italiani che in lui si riconosceva. Aggiunge infatti lo scrittore che quando Berlusconi ridicolizzava se stesso, ma soprattutto il nostro Paese, durante i vertici internazionali con le sue performance, a deriderlo, dice Saviano “era solo una parte di persone, il mondo colto, la parte che aveva una coscienza, un impegno, mentre l’altra era ben felice di riconoscersi in lui”.
Archiviato il tema Berlusconi, il faccia a faccia si sposta sulla Spagna e sulle questioni che legano tale Paese al nostro, in riferimento soprattutto alla criminalità organizzata. Saviano esordisce affermando che “la Spagna è la seconda casa di tutte le mafie, per ragioni legali, politiche, ma anche semplicemente perché si sta bene”, e sottolinea il fatto che questa Nazione non ha la ben che minima percezione di essere totalmente infiltrata, a livello imprenditoriale, dalle mafie; è soprattutto la borghesia catalana a non voler rendersene conto, aggiunge lo scrittore. I giornalisti ne parlano, per quello che gli è concesso, la polizia lo sa, ma la politica tace.
Saviano ricorda che fin dagli anni ‘80 il boss Antonio Bardellino, fondatore del clan dei casalesi, parlava della Spagna e in particolar modo della costa mediterranea dicendo: “la Spagna è casa nostra”, e arrivando persino a definire la Costa del Sol con il nome di Costa nostra.
La penisola iberica è sempre stato considerato un territorio fecondo per ogni genere di attività criminale, dalla speculazione edilizia, al riciclaggio di denaro sporco, ma in particolar modo per ciò che concerne il narcotraffico. Infatti Spagna e Portogallo, sono stati e continuano ad essere, la principale porta di accesso della cocaina proveniente dal Sud America, in Europa.
Saviano dice che messicani, italiani, russi, colombiani spesso si incontrano in Catalogna e trattano gli acquisti della cocaina che a volte viene pagata direttamente con il cemento, con palazzi, edifici di Barcellona, evitando così di dover riciclare in altre maniere il denaro che deriva dalla vendita della droga. Il tutto avviene per la mancanza di una giurisprudenza forte e condivisa a livello europeo, fattore che dovrebbe essere imprescindibile per il contrasto alla criminalità organizzata, dice Saviano. Lo scrittore, seguendo il tema del narcotraffico, spiega inoltre come in passato anche l’Eta si sia finanziata con i soldi della cocaina, nello stesso modo in cui in Afghanistan i Talebani si finanziano con i proventi dell’eroina.
Il traduttore, che siede alla sinistra di Roberto, non nasconde la difficoltà nel dover appuntarsi e tradurre la quantità di informazioni che sgorga dalla bocca dell’autore italiano, che consapevole del fatto, fa in modo di non entrare troppo nei particolari e rendere più fluido possibile il lavoro di traduzione.
Avviandosi verso la conclusione, Saviano ammette che il mondo da lui descritto non può che apparire nero e profondamente sconfortante, così sposta il faccia a faccia sul terreno della letteratura, spiegando come questa sia il vero strumento di lotta e di ribellione alle mafie, grazie alla quale una storia, se raccontata, letta e condivisa, diventa la storia di tutti e assume quindi quello straordinario potere che tanto spaventa la criminalità organizzata.
Josep Maria Martí Font, sul finire, azzarda un’ultima domanda, chiedendo a Saviano: “Messi o Maradona?” L’animo napoletano non può che dare una risposta, e al pronunciare il nome ‘Maradona’ la sala esplode in uno scroscio di applausi, provenienti per lo più dalla diaspora italiana, come l’ha definita Saviano.
Letti i dieci motivi per i quali secondo l’autore italiano vale la pena vivere, il pubblico inizia, trepidante, ad avvicinarsi al tavolo dello scrittore che si accinge ad autografare i suoi libri, il tutto sotto gli occhi vigili della scorta.
Uno ad uno, ci si avvicina a quel ragazzo, anche solo per scambiare con lui uno sguardo, per stringergli la mano, regalargli un sorriso, quasi a volergli dire “sono qua, credo in te, in quello che fai, e sono orgoglioso di lottare al tuo fianco”.
Francesco Gioacchini